IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva; Premesso che il difensore dell'imputato, al quale in data 13 ottobre 2001 era stato notificato il decreto di giudizio immediato, depositava presso il g.i.p. in data 6 novembre 2001 istanza di definizione del procedimento mediante il rito del patteggiamento; che l'istanza, corredata del parere favorevole del p.m., veniva dichiarata inammissibile per "superamento del termine ex art. 446, comma 1, e 458, comma 1, con la motivazione che: "il termine decorre dalla notifica all'imputato del decreto di giudizio immediato", notifica avvenuta appunto in data 13 ottobre 2001; che all'udienza del 12 marzo 2002, in via preliminare, il difensore reiterava, dinanzi al giudice del dibattimento, l'istanza medesima, che peraltro veniva di nuovo dichiarata inammissibile, pur senza entrare nel merito della medesima, per analoghe ragioni: "atteso che il termine di giorni 15, come modificato dall'art. 14, comma 2, della legge 1 marzo 2001, posto a pena di decadenza dall'art. 458, comma primo, c.p.p., come richiamato dall'art. 446, c.p.p., per la richiesta di rito alternativo di cui all'art. 444, c.p.p., decorre, qualora sia stato notificato il decreto di giudizio immediato, dalla notifica all'imputato del decreto medesimo e non gia' dalla notifica al difensore, essendo noto che a quest'ultimo va semplicemente notificato l'avviso della data fissata per il giudizio ai sensi dell'art. 456, comma 2, c.p.p., Cass. pen., sez. VI, 18 novembre 1992, Cass. pen., sez. II, 9 marzo 1993"; che successivamente, all'udienza del 24 settembre 2002, la difesa sollevava la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 458, primo comma, c.p.p., come richiamato dall'art. 446, comma primo, c.p.p. per violazione degli artt. 24 e 3, Cost., essendo intervenuta la sentenza della Corte costituzionale del 10-16 aprile 2002, n. 120, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 458, comma primo, c.p.p., in riferimento all'art. 24, Cost., nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziche' dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato, cio' premesso, O s s e r v a La pronuncia della Corte costituzionale del 10-16 aprile 2002, n. 120, si fonda sull'assunto secondo cui la difesa tecnica postula il diritto dell'imputato di conferire con il difensore per predisporre le piu' opportune strategie difensive e tale essenziale funzione assume particolare incidenza in relazione ad una scelta, quale quella di percorrere la via del giudizio abbreviato, che implica, specie dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 479/1999, cognizioni e valutazioni squisitamente tecnico-giuridiche, estranee al patrimonio di conoscenza dell'imputato. Sul presupposto, quindi, della piena conoscenza del fascicolo delle indagini preliminari (art. 139, disp. att. c.p.p.), soltanto il difensore puo' decidere se sia conveniente per l'imputato prestare il consenso, mediante la richiesta di giudizio abbreviato, a che gli atti delle indagini vengono utilizzati come prova, che il giudizio venga definito allo stato degli atti ai sensi dell'art. 438, comma 1, c.p.p., ovvero che la richiesta sia subordinata ad una integrazione probatoria a norma del quinto comma della norma citata, valutando in ogni caso l'eventualita' che il giudice assume anche d'ufficio, a norma dell'art. 441, comma 5, c.p.p., gli elementi necessari ai fini della decisione, oppure che il p.m. chieda l'ammissione di prova contraria ex art. 438, comma 5, c.p.p. Osserva la Corte che il diritto di difesa, inteso come effettiva possibilita' di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato in ogni caso in cui, ai fini dell'esercizio di facolta' processuali che comportano la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore, venga posto a pena di decadenza un termine decorrente dalla notificazione all'imputato anziche' al difensore, dell'atto da cui tali facolta' conseguono. L'art. 458, c.p.p., com'e' noto, ha subito due importanti modifiche, rispetto al testo originale, dapprima ad opera della legge 15 dicembre 1979, n. 499 (con l'eliminazione del consenso del p.m.); poi ad opera del d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv. con modificazioni nella legge 5 giugno 2000, n. 114, che ha elevato da sette a quindici giorni il termine per la richiesta del rito abbreviato (e tale modifica ha inciso automaticamente anche sul termine per chiedere il patteggiamento, ai sensi dell'art. 446, comma primo, ultimo periodo). La sentenza di accoglimento n. 120/2002 ha ora ulteriormente modificato la norma citata, sia pure per mezzo di una declaratoria d'incostituzionalita'. Si dubita che il nuovo meccanismo di decorrenza del termine di quindici giorni dall'ultima notifica si estenda anche al patteggiamento, apparendo cosi' lesivo dei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. Apparirebbe ostativo ad una interpretazione estensiva, cosi' come osservato in dottrina, il fatto che la Corte ha limitato il proprio intervento non gia' al primo comma dell'art. 458, c.p.p., (il che avrebbe significato l'applicabilita' anche alla richiesta di cui all'art. 444, c.p.p., poiche' l'art. 458, comma primo, c.p.p., finisce per disciplinare anche la domanda di patteggiamento), ma a quella parte di art. 458, comma primo, c.p.p., che disciplina il rito abbreviato. Cio' emerge sia dalla lettura del dispositivo, che non fa generico riferimento all'art. 458, comma primo, ("nella parte in cui prevede che il termine ivi previsto decorra), bensi' fa specifico riferimento al rito del giudizio abbreviato ("... nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato puo' chiede il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto"), nonche' dalla motivazione della sentenza, tutta incentrata sulla problematica del giudizio abbreviato, cosi' come le ordinanze di rimessione dei giudici di merito. Inoltre la norma, nella parte in cui concerne la richiesta di patteggiamento in virtu' del rinvio contenuto nell'art. 446, comma primo, c.p.p., non e' stata per nulla modificata dai giudici costituzionali. Non apparendo quindi percorribile la strada interpretativa, appare evidente sia la disparita' di trattamento tra i due riti, alternativi al dibattimento, che pure ricevono la medesima disciplina, quanto a preclusioni processuali, in caso di giudizio immediato, sia la violazione del diritto della difesa. Non puo' infatti dubitarsi che anche per accedere al rito del patteggiamento e' indispensabile un'attenta cognizione del fascicolo delle indagini preliminari, pertanto che l'imputato si avvalga pienamente dell'assistenza tecnica del difensore. La difficolta' di ritenere estensibile, in via interpretativa, il dispositivo della sentenza n. 120 del 2002 anche al caso del patteggiamento induce a ritenere un profilo d'incostituzionalita' dell'art. 458, comma primo, c.p.p. nella parte in cui non prevede che il termine per chiedere il patteggiamento decorra dall'ultima fra le notificazioni al difensore ed all'imputato. La questione appare pertanto non manifestamente infondata e rilevante nel presente procedimento, atteso che dalla decisione sulla stessa dipende la possibilita' di considerare ammissibile o meno l'istanza di patteggiamento (che, peraltro, risulta essere stata depositata nel termine di 15 giorni dalla notifica al difensore, avvenuta in data 21 ottobre 2001);